Allestimento e mostre permanenti
Ultima modifica 16 settembre 2024
L’esposizione che è in gran parte visitabile “dall’interno”; il visitatore ha un contatto diretto con reperti e modelli, e le tradizionali vetrine espositive sono ridotte al minimo. Ad esempio, nella sala della collina si possono attraversare querceto, castagneto e pineta così come si farebbe in un bosco, scoprendone i vari aspetti naturalistici. Brevi documentari arricchiscono le sale con suoni naturali e immagini tipiche di ogni ambiente.
La pianura
Alla sala della pianura si accede percorrendo un breve corridoio sulla cui parete è posto un pannello che illustra la genesi della pianura, sotto l’aspetto geologico e della vegetazione.
La sala è suddivisa in due settori principali (fascia golenale e territori extragolenali) separati da una realizzazione stilizzata dell’argine maestro del fiume Po.
Nella fascia golenale sono stati individuate le principali tipologie ambientali: sabbioni e isole fluviali, boschi idrofili, ripari, lanche e canneti. Le isole fluviali sono state rappresentate con un diorama aperto che riporta, oltre all’ambiente, le principali specie che lo frequentano: dall’albanella minore alle rondini di mare. Il settore extragolenale è rappresentato nel suo insieme con una gigantografia che ne riporta le principali tipologie ambientali, quali le siepi, i coltivi, le risorgive e le conoidi alluvionali. L’argine e la fascia golenale sono stati rappresentati da elementi stilizzati utilizzati come supporti espositivi per trattare alcuni aspetti naturalistici tipici di questo ambito della pianura. Risaltano in particolare due grosse sagome che permettono di meglio evidenziare le caratteristiche di piccoli animali quali la talpa e il saltimpalo che abitano le zone erbose dell’argine.
La vita sul Po
Ad arricchire questo settore espositivo contribuisce significativamente un inserto etnografico legato al processo di antropizzazione che ha interessato il fiume Po nel corso della storia. Si tratta di una barca fluviale contestualizzata in un antro spondale. Tutta la vita della popolazione della Bassa Padana ha ruotato per secoli direttamente o indirettamente, attorno al Po. Pescatori, cavatori di ghiaia, mugnai, traghettatori, barcaioli, per ognuno di essi l’imbarcazione costituiva uno strumento di fondamentale importanza.
Ogni attività fluviale aveva il suo tipo caratteristico di barca. Dall’agile imbarcazione del pescatore occasionale alla grossa barca di chi dalla pesca trovava il proprio sostentamento quotidiano; dalla chiatta larga e piatta del trasporto di merci varie o di carburanti, alla barca lunga e profonda per la cavatura e il trasporto della sabbia e della ghiaia.
Diversi anche i legnami con i quali venivano costruite le imbarcazione così come diverse erano le stagionature del legno, differenti i metodi di manutenzione e di cura. Ogni barca aveva il suo piccolo segreto che la rendeva unica, come fatta su misura per colui che la usava.
Quella esposta è una tipica barca fluviale a fondo piatto chiamata “barcè pavese" che veniva usata sia per la pesca che per aiuto alle barche più grandi a vela, usate per trasportare le fascine che erano utilizzate per rafforzare le difese spondali. In particolare questa barca è stata usata negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso anche per raccogliere e trasportare i bidoni del latte prodotto da animali allevati nelle cascine del lungo fiume, essendo molto più semplice il trasporto fluviale rispetto a quello lungo strade contorte, fangose d’inverno e polverose d’estate.
La collina
Nella sala della collina sono ricostruite le tre principali tipologie forestali che ne caratterizzano il paesaggio: querceto, castagneto e pineta. Il querceto è un bosco naturale, mentre il castagneto e la pineta sono di origine antropica. La pineta ha origini recenti ed è stata introdotta principalmente per aumentare la stabilità dei versanti. L’introduzione del castagno ha origini più antiche, risalenti all’epoca romana, è stato ampiamente coltivato per la produzione di castagne e legname. Attualmente i castagneti da frutto sono in gran parte abbandonati, ma costituiscono ancora importanti formazioni forestali mature.
In questa sala troviamo vari punti di approfondimento, in particolare sui fossili e la zona dei calanchi di Castell’Arquato e Lugagnano, sul Quaternario e i ritrovamenti di grossi ungulati un tempo presenti in Pianura Padana, sugli affioramenti ofiolitici della Pietra Parcellara e quelli arenacei di Rocca d’Olgisio, e infine sul bacino idrografico del fiume Trebbia. Gli animali sono stati esposti in questa sala come si potrebbero incontrare in un ipotetico bosco naturale, non sempre sono in evidenza e il visitatore è stimolato a osservare bene l’ambiente per trovarli.
Un’Aula Blu sul Trebbia: dal museo al territorio
L’area espositiva dedicata al bacino idrografico del fiume Trebbia accoglie una struttura lignea che rappresenta la stilizzazione dell’Aula Blu, edificio del Consorzio di Bonifica di Piacenza situato sul greto del fiume in località Mirafiori e utilizzato come laboratorio di educazione ambientale da parte della Società Piacentina di Scienze Naturali, a cui è affidata l’attività didattica e di ricerca del Museo Civico di Storia Naturale. In questo ambito sono nati percorsi scientifici, storico-naturalistici, socio-letterari che intendono fare tesoro della memoria del passato. Conoscere il territorio per amarlo, leggere gli habitat naturali per capire che qualunque luogo, visto con occhi “diversi”, possiede bellezze è lo scopo semplice e fondamentale di questo progetto didattico partendo dal presupposto che la storia, l’architettura, la geologia, la zoologia, la botanica, la chimica studiate e verificate in loco rimangono impresse in maniera durevole.
La montagna
La sala della montagna è suddivisa in due settori principali, uno dedicato alle testimonianze dell’ultima glaciazione che ha interessato il nostro Appennino e l’altro dedicato alle tipologie ambientali montane, quali i ruscelli, i pascoli sommatali e la faggeta. Nel primo settore troviamo la descrizione delle torbiere e dei laghetti di origine glaciale, della particolare flora e fauna del Monte Nero, oltre a una rappresentazione dei principali mutamenti vegetazionali avvenuti dall’ultima glaciazione a oggi. Interessanti sono i modelli a grandezza naturale dei tritoni che permettono di osservare da vicino questi particolari anfibi.
Nel secondo settore, parallelamente agli ambienti montani descritti, troviamo alcune presenze faunistiche tipiche, come le salamandre, il merlo acquaiolo, il codirossone oltre a bellissimi esemplari della flora dei pascoli, ma l’attrattiva maggiore è riservata ai due superpredatori attualmente presenti nella nostra provincia: l’aquila reale e il lupo. Recentemente, inoltre, la sala è stata arricchita con un esemplare di cervo adulto acquisito dal Museo.
Esposizioni permanenti
La garzaia racconta
“Poeticamente abita l’uomo su questa terra”, è un verso di Holderlin che condensa con forza lirica la condizione umana nella natura. In questo verso è racchiuso il senso del dimorare umano nell’ambiente naturale, che, se può prendere forme strumentali e di sfruttamento, può anche essere vissuto come incanto, poesia, arte. Da molti anni il lavoro artistico di Romano Bertuzzi si caratterizza per una riflessione intorno al rapporto tra uomo e natura. Nel corso del tempo questa riflessione si è espressa nei modi e nelle forme più svariate, dal disegno al video, dalla fotografia alla performance. La grande installazione che accoglie i visitatori del Museo Civico di Storia Naturale, intitolata La Garzaia, rientra in questo percorso. Con i suoi oltre sei metri di altezza, questa struttura lignea prende ispirazione dagli alberi che ospitano diverse specie di uccelli lungo le rive del grande fiume Po.
Organizzati in vere e proprie comunità in cui conducono una vita scandita da abitudini e ritmi che procedono anno dopo anno seguendo lo svolgersi delle stagioni, aironi cenerini, garzette, nitticore, sgarze ciuffetto e aironi rossi sono i testimoni del lento fluire delle acque del grande fiume. Dall’alto della garzaia, tra intrecci di rami, i giovani nati scoprono il primitivo battito d’ali nel proprio nido al riparo di frondosi pioppi e ontani o sui più alti e fitti saliceti.
La garzaia parla di vita accanto al fiume, della ricerca del cibo, delle attese, del passaggio da un’area di riproduzione a una di svernamento in un ciclo dalle cadenze annuali che porta gli individui della colonia a fare sempre ritorno alla familiare pianura lungo la quale il Po nel corso dei millenni ha segnato il suo tracciato. Tra la fine di agosto e la fine di settembre le garzette lasciano gli areali padani per raggiungere l’Africa settentrionale tra Marocco ed Egitto, spingendosi fino alle latitudini subsahariane. Da lì faranno ritorno verso l’inizio di aprile per ripopolare le colonie abbandonate. In certi casi però lo svernamento avviene in alcuni boschetti ripariali della stessa pianura Padana. Anche aironi rossi e sgarze ciuffetto lasceranno i luoghi di nidificazione tra la fine dell’estate e l’autunno per dividere tra loro i propri quartieri di svernamento in Africa e tornare nel mese di aprile dell’anno successivo. Verso la fine di ottobre le nitticore saranno le ultime ad abbandonare la garzaia per migrare in Africa tropicale lungo i bacini dei grandi fiumi che scorrono a nord dell’equatore; saranno anche le prime a tornare all’affacciarsi del nuovo sole di marzo.
La Garzaia di Romano Bertuzzi si propone, quindi, non come semplice raffigurazione funzionale ad una esposizione sistematica di un habitat naturale ma come simbolica ed evocativa rappresentazione di una Natura nella sua realtà di interazioni complesse. Quegli Ardeidi, scelti tra gli esemplari delle collezioni storiche del museo, che interagiscono con un’architettura lignea di linee che si intersecano, intrecciandosi come i ramoscelli e le cannucce degli stessi nidi opportunamente collocati accanto agli esemplari tassidermizzati, ci offrono l’occasione di focalizzare uno degli aspetti forse meno noti e nello stesso tempo più affascinanti tra le peculiarità naturalistiche di cui ancor oggi rimane significativa traccia lungo il Po e che, come tali, meritano di essere conosciute, amate e custodite.